mercoledì 21 gennaio 2015

Lo schizzo del mercoledì

                                                                             foto da google immagini


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di carlozanzi


Non ho sonno, sono le zerodieci di mercoledì 23 febbraio, l’anno non conta. Anzi, le zeroundici, ora è scattato il minuto, lo leggo al televideo. Sono solo nella mia piccola casa, scivola una goccia dal bicchiere con la tisana serale al finocchio e zenzero, cade la goccia sulla mia mano destra, lecco la goccia e appoggio la tazza sopra il tavolino davanti a me. Prendo il telecomando, uccido le immagini e ripenso alla mia giornata; non sono felice, temo la notte, ho paura di non riuscire a vivere tanto a lungo da cavarne fuori qualcosa di buono da questo mio esistere.
Torno alla notte scorsa, insonne già alle tre e dieci, quando i pensieri viscidi del buio mi hanno condotto dentro una frase del mio amico Gianni: “Contano i dettagli, caro mio”. Così mi sono messo a indagare sui dettagli della notte, sui rumori del nero tutt’intorno. Ma non ho guadagnato nulla. Ho riscoperto il ticchettio della sveglia, ci avevo lavorato mesi per dimenticarmene, per annullarlo riflettendo che la vita non è una somma di particolari ma la lotta strenua per azzerare il più possibile. La vita è dimenticarsi di vivere. Credevo di averla imparata bene questa lezione, il mio amico Gianni è stato capace di farmi ripiombare sul particolare. Ma non scappo. Resto al dettaglio. Sento il fruscio disturbante dei secondi che ritmano il tempo, avverto il sibilo lieve del mio respiro, pizzicori qua e là, un muscolo che sta scomodo e si lamenta della posizione, le dita dei piedi (sono supino) che non reggono il peso di lenzuolo e coperta. Cerco almeno di fuggire dai dettagli dei pensieri ma ne resto prigioniero come in una rete che si stringe. Non pensieri indistinti, macchie di pensiero, agglomerato di immagini e riflessioni che mutano argomento nella distrazione continua, no, ora cerco (e sono sempre più sveglio) di soffermarmi, di indagare per cogliere dalla sfumatura un piacere che dovrebbe tranquillizzarmi. Darmi speranza. Appagarmi. Ad esempio l’ultima volta che ho fatto sesso con Anna. Il dettaglio, i dettagli….il godimento dei piccoli baci sul lobo dell’orecchio destro, il solo senza orecchino, dio mio che bello, eccoli, sono qui, il lobo e l’estasi, il tiepido della pelle liscissima e quei piccoli morsi e lei che sorride e finalmente si volta. Ne è passato di tempo. E dal pensiero che ha prodotto l’immagine nasce l’attesa di una probabilità futura. Un’attesa spasmodica, un’eccitazione che mi sono portato dentro tutto il giorno; in tutta franchezza speravo si risolvesse stasera. Ma Anna, alla mia richiesta di sesso, al mio farle notare che l’amore è anche quello, anzi, che quello è importante, può dare fondamenta a una coppia o farla crollare, Anna, con uno sbadiglio e una grattata a quel lobo destro stupendo delle sue piccole orecchie che amo, ha risposto: “Il sesso? Amore mio, è solo un dettaglio.” 
































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