lunedì 22 dicembre 2014

Mi tremano le dita


Domani, 24 dicembre, vigilia del Santo Natale, alle ore 8, nella chiesa parrocchiale di Biumo Inferiore, verrà celebrata una Santa Messa in ricordo di Fabio.

Ripropongo qui quanto scrissi in quel tragico Natale del 2005.




Mi tremano le dita, perché in queste circostante anche una virgola in più può far male. Quando muore un giovane di 15 anni, tumore al cervello che in un mese e mezzo compare e uccide, anche un sospiro di troppo può essere, appunto, di troppo. Però voglio esserci. Come ero presente al rosario di Natale e poi al funerale di Santo Stefano. Voglio esserci a ripetere: ‘L’amicizia è l’abbraccio tenero di Dio.’ Voglio impiastricciare d’inchiostro questo giornale, per un abbraccio che possa contenere Emanuela e Attilio (mamma e papà di Fabio, il giovane che ci ha lasciato), Anna e Luca (sorella e fratello) e tutti quanti credono nell’indecifrabile e potente Dio della vita e della resurrezione. Abbracciarsi per scaldarsi, perché un Dio così fa soprattutto paura. Abbracciarsi per farsi coraggio, per difendersi dal male ma anche per ripetersi, sussurrandolo all’orecchio del vicino: “Non ci resta che questo Dio, per sopravvivere. Non ci resta che immaginare, pretendere una vita redenta, per non avanzare il sacrosanto diritto di protestare contro un progetto disumano.” Non ho conosciuto Fabio. Ho invece conosciuto i genitori. Fabio aveva racimolato, in 15 anni, una bella manciata di amici, centinaia e centinaia che hanno regalato calore, commozione, preghiere, canti, umanità alle sue esequie. Fabio era un ragazzo dalla evidente fede in Cristo: questo si è detto dentro la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, in Biumo Inferiore. I suoi genitori hanno avuto il coraggio (frutto di fede, non può essere altrimenti) di leggere la parola di Dio e di aggiungere altre riflessioni finali, davanti alla bara del figlio. In certi momenti, credo che Dio ponga parzialmente rimedio allo scandalo di una morte inconcepibile, regalando a chi più soffre la Grazia necessaria per non morire, la forza di esprimersi, al cospetto di un furto che ti lascia nudo. Io, in un angolo, guardavo con gli occhi umidi e una convinzione: non potrò mai comprendere il dramma di chi perde un figlio a 15 anni. Solo chi ha vissuto la stessa lacerazione può accostarsi senza indebite ingerenze. Io, che ho una figlia di quell’età, posso balbettare qualcosa, stringendola gelosamente a me, nella fanciullesca illusione che nessuno me la toglierà. So che non è vero. So però che devo crederlo vero. Ma so anche che Fabio è morto. A 15 anni. Senza nessuna colpa. Con molti meriti. So che questo mio ‘abbraccio’ scritto ben difficilmente sarà testimone della tenerezza di Dio. Ci ho provato. Ricco solo della mia povera umanità ferita.     

                            

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