sabato 14 giugno 2014

Scrivo per non impazzire

                                                                                        foto carlozanzi



Amalia Liana Negretti Odescalchi, ricca di famiglia, nacque a Carate Urio il 31 marzo del 1897. Ragazza inquieta, vitale, sposò un marchese che aveva 17 anni più di lei, tal Pompeo Cambiasi junior. Che commise un errore: non la amò come donna ma la venerò come dea, quasi intoccabile. Un angelo. Che comunque gli diede due figlie: Primavera e Serenella (in foto). Così Liana restò affascinata dal giovane (e sempre marchese) Vittorio Centurione Scotto, bello e aviatore. Un amore intensissimo, che finì presto, tragicamente, nelle acque del lago di Varese; Centurione morì annegato nella cabina del suo idrovolante, mentre si allenava per la Coppa Schneider. Per non impazzire di dolore, Liana iniziò a scrivere la sua triste storia. Nacque così 'Signorsì', il suo primo romanzo rosa pubblicato da Mondadori nel 1931. E fu subito gloria. Le prime 977 copie andarono in 20 giorni. D'Annunzio cambiò il suo nome in Liala ("Un'ala deve esserci nel suo nome" disse il vate), dal 1931 al 1985 (alla veneranda età di 88 anni) la scrittrice non fece che scrivere storie d'amore, diventando la regina di questo genere. Decine e decine di romanzi (anche 4 o 5 in un anno) e sempre un grande successo di lettori: 1 milione di copie vendute di 'Signorsì', 10 milioni di libri venduti, in Italia e nel mondo.  
Sino all'ultimo giorno della sua vita, e cioè il 15 aprile del 1995, Liana detta Liala amò Centurione, visse nella malinconia e nel rimpianto, si nutrì di quell'amore intenso, che tale può conservarsi solo grazie al dramma, alla lontananza, al ricordo.
E ancora una volta è il dolore che diventa sia materia letteraria che spunto alla scrittura, una scrittura 'salvifica', terapeutica, una medicina dell'anima.

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