martedì 30 luglio 2013

Il racconto del mercoledì

                                                                 Luino e il lago Maggiore   (foto carlozanzi)


Ecco oggi un raccontino leggero, nuovo di zecca, fresco fresco, un raccontino musicale, volante, succoso di vita.


Terra promessa
di carlozanzi

Mi sveglio con in testa il motivo ‘The Promised Land’ di Bruce Springsteen. Mi sveglio padrone del mondo. Mi alzo, colazione abbondante, passaggio in bagno per il tripudio della liberazione, baci qua e là a chi mi vuole bene, mi vesto e sono in bici, nel sole.
Ho fatto i miei calcoli, il pezzo ‘La terra promessa’ (non quella di Eros, quella di Bruce, che è tutta un’altra cosa) dura quattro minuti, devo farcela in dieci ripetizioni di canzone, cioè in quaranta minuti devo arrivare in cima. Monto in sella, un lieve schiacciamento di testicoli mi procura un dolore modesto, reso ridicolo da quella musica che mi travolge. Parte il suono e parto anch’io, subito a tutta. Sbuffo e pedalo, pedalo e sbuffo. Nelle mie orecchie pulsa quel ritmo, pennellate sulle corde delle chitarre, rombi di batteria, tasti folli di pianoforte ma quando Bruce attacca con l’armonica sento la vita che frigge. Mulino le gambe, quattro minuti, rischiaccio, si riparte e sono già nella salita dura ma non la avverto, la musica è il mio motore. Ne sorpasso un paio in mountainbike, mi sembrano appiccicati all’asfalto. Saluto a braccio levato un ciclista in discesa e urlo ‘ciao!’, non lo conosco ma tutto mi è simpatico, anche uno stronzo di cane che evito. Mi sento in forze oltremisura e allora ne incontro un altro sul mio cammino, gli faccio: “Vuoi una mano?” e lui giustamente non capisce e allora mi rendo più esplicito: “Dai, facciamo come faceva mio padre in salita quando ero un bambino” e lo spingo in avanti, pigiando sulla sua schiena. Parte a razzo, un po’ sbanda e mi guarda con occhi inquieti. “Ma che cazzo stai facendo?” mi dice ma io non mi dò pace e via con un’altra spinta, e quello va in avanti poi fa cenno di fermarsi, minaccioso,  e allora capisco che lui non ha Bruce nelle orecchie quindi lo saluto e proseguo. Alla quinta ripetizione sono già al bivio, oltre metà strada: ce la farò. Saluto uno scoiattolo che mi taglia la strada, non sento il versaccio dei corvi ma so che lo apprezzerei, altri sorpassi e saluti e quell’armonica di Bruce, musica celestiale. Il ritmo mi guida, le note mi accarezzano, non ho fame non ho sete non sono stanco, la bici scivola sull’asfalto rosicchiato dall’inverno e dalle piogge di primavera, evito buche, salgo sui pedali e penso a Marco il Pirata, esaltato come me quando li salutava tutti e mostrava il suo culo secco che ballava nell’aria del Tour e del Giro. Nove volte finite, ne manca solo una ma ce la faccio, ho già passato la Pensione Irma, in duecentoquaranta secondi arrivo al cannoncino, sotto i quaranta, un’impresa grazie a quella musica che pulsa col mio cuore festoso. Ultimi tornanti, il sax, diomio che sax, e l’armonica, miodio che armonica, vado a destra, ultima curva a sinistra, la cima, la piazzetta nel sole e nel vento, il cannoncino, le due panche in pietra…ma la terra promessa, come canta Bruce, non è lì. Non mi posso accontentare, oggi. Così pedalo e pedalo e pedalo, oltre le rocce, fra le braccia di un volo che mi porterà altrove.
Viaggio nell’aria sopra la Valcuvia, il Margorabbia, rimetto ‘The Promised Land’ e veleggio sopra Luino, vorrei ‘allagare’ sul Maggiore ma in un attimo sono in Piemonte e il Rosa all’orizzonte mi chiama: “Vieni, ragazzo mio!”

E io arrivo.



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