venerdì 21 dicembre 2012

Cicale al carbonio 6



                                               sei

Il raggio di sole, un laser sputato dai cieli di Calabria, rimbalzò sulla catena della bicicletta e gli ferì gli occhi. La vista s'appannò. Marco Marchi, capitano della Toshibas Bike, virò l'eccitazione della partenza in rabbia. Asciugò con il dorso della mano gli occhi lacrimevoli. Ci vedeva doppio, triplo, macchie di nero, un abbaglio che rischiava di compromettere il delicato momento dell'avvio: cronometro a squadre, prima tappa del Giro d'Italia.
Calò la visiera del casco aerodinamico, come un cavaliere la celata. Fece scattare il blocco dello scarpino sul pedale destro. Tac, e tac si sentì alle sue spalle, ripetuto: i suoi compagni di squadra, nove, avevano ripetuto il gesto del loro capitano. Strinse ancora di una tacca il laccio del suo caschetto, si voltò, alzò il pugno verso il cielo, poteva essere un saluto ma soprattutto un augurio di buona gara ai colleghi di lavoro, strinse le mani sul manubrio.
Partì il conto alla rovescia: dieci, nove, otto...lo starter alzò la mano destra, dita distese, poi piegò il mignolo, l'anulare, il medio, l'indice, il pollice, e allora Marco inchiodò anche il piede sinistro alla bici e pigiò sui pedali.
Dal lungomare di Cropani partiva il suo Giro d'Italia. Marchi era tra i favoriti. Fuori dall'abitato, un paio di chilometri più a nord, lasciò che i compagni lo superassero e sfilò in coda al gruppetto, come pattuito. Una trentina i chilometri, sino a Crotone. Lì avrebbero dovuto meritarsi il miglior tempo, o il secondo, peggio no perché l'avevano accontentato potenziando la squadra, investendo denari nell'acquisto di un paio di professionisti del pedale, abili soprattutto nelle crono. Sentì sulla schiena anche il peso di quella responsabilità. Concentrato, non poteva permettersi di gustare il panorama. Avrebbe perso poco, non tanto se guardava a destra, dove lo Jonio blu cobalto farfugliava nella brezza di maggio, ma alla sua sinistra. I colli piatti che salivano verso la Sila Piccola erano spelacchiati, ulivi e poco più, tante zolle sterili, erba secca e le diverse tonalità della terra calabra. I boschi ordinati della Sila erano lontani, le zolle alitavano un fiato caldo, troppo caldo per essere maggio, e Marco veniva dal vento fresco del lago di Garda.
Tenevano i cinquanta di media, bocche spalancante per dare aria allo sforzo. Dalla coda appuntita del casco di Marchi spuntava, come un codino, l’antenna della radio; i gomiti erano appoggiati al manubrio, le mani, vicine, stringevano le corna, appendici utilizzate per le bici da crono; pareva in preghiera, con le mani giunte. Sul cannotto sotto il sellino brillava al sole una piccola bandiera italiana. Le schiene e i culi dei dieci uomini della Toshibas ondeggiavano all’unisono, come un mare appena mosso che correva verso il traguardo.    

***

Partì il collegamento televisivo, con la cronaca della prima tappa del Giro. I due telecronisti Rai non lasciavano parlare mai il silenzio. Più che altro montava la polemica sulla scelta di una crono a squadre, ad aprire il Giro d'Italia. Era una consuetudine del Tour de France.
Beatrice era in cucina, ospite nella bella villa dei suoi amici lavenesi. Sentì che la formazione della Toshibas Bike era in testa alla crono. Corse in sala. Sul lungomare di Crotone, della Toshibas arrivarono in otto, ma il tempo era preso sul settimo.

"Miglior tempo per la Toshibas Bike" commentò Paride, il commentatore tecnico, telecronista ex professionista.
"Meglio non poteva iniziare per Marco Marchi. Ha già rosicchiato venti secondi a Giuseppe Togni, addirittura quarantadue a Giacomo Casavola" disse Mauro, il dipendente Rai un po’ sovrappeso.
"Era previsto. La Toshibas oggi raccoglie i frutti dell'investimento."
"Ma siamo all'inizio del Giro, caro Paride."
"Certo, però chi bene inizia..." e quel però venne fuori con la erre alla francese.

Marco Marchi finì con il microfono sotto il mento.
Arrivò un messaggio al cellulare: Beatrice aspettava quell’assenso più della voce affaticata del marito, più intrigante di quel suo fiato lontano.    

                                                                                           6 - continua

                   
                                                                

















                                       








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