mercoledì 28 novembre 2012

Vicolo Canonichetta 3



Tre


25 maggio 2005

Era un mercoledì sera, notte ormai. Era la fine di maggio, la chiusura di una giornata di gran caldo.
Giulio sedeva sul letto matrimoniale. La schiena appoggiata al cuscino, un libro aperto sulle cosce. Si vedeva la copertina.
Vicino a lui, in equilibrio sul fianco sinistro, dormiva Matilde, sua moglie.
Non aveva sonno. Forse il caldo. Aveva bevuto una birra probabilmente troppo fredda; la sentiva rovistargli lo stomaco. Per questo, per mandarla giù, prima aveva scelto di leggere, poi s’era lasciato accompagnare nel sonno dai ricordi.
Il sonno però non arrivava. Aveva rivissuto allora il pomeriggio del tradimento. Con Lucia si sentivano da mesi. E da gennaio altre volte erano stati insieme, come nello stesso letto si sarebbero abbracciati due giorni dopo.
Stava bene con Lucia. Non avrebbe però immaginato che potesse pretendere qualcosa d’altro. Così presto. Eppure era evidente che a quel bivio sarebbero giunti. Ed ecco il bivio. Ecco il conto di Lucia.
Scegliere non era mai stata la sua ambizione, la sua dote migliore.
Guardò Matilde. Lo tradiva anche lei? Con un collega? No, s’era convinto che gli fosse fedele. Tanto meglio.
Riprese il libro. Poche frasi e lo ripose. Spense la luce, si distese sul fianco sinistro, strinse Matilde contro il suo corpo ingombrante. S’addormentò.
***  
Era di fronte a lui. Fra loro due un tavolo, qualche bicchiere, piatti, bottiglie, una tovaglia, briciole di pane e parole, che andavano e venivano. Ma non le loro. Lui stava in silenzio, e anche lei, Lucia. Lui la guardava, e anche lei, di tanto in tanto, poi abbassava lo sguardo. Ma quando tornava a regalargli i suoi occhi...Poi lei accese una sigaretta, lui si concentrò sulle labbra. Ne gustò il contatto. Labbra serrate che, lentamente, come è quieto e inaccessibile l’alto volo dell’aquila, s’aprono ad altri contatti. Il fumo saliva, annebbiava gli occhi smeraldo, si sfrangiava fra i capelli. Indossava, Lucia, un vestito senza maniche. Appoggiava i gomiti al tavolo. Braccia magre e morbide, lui guardava e saliva con la mente su e giù e s’infilava con gli occhi, con le dita, col cuore folle nell’incavo e giù veloce, poi con lentezza verso i seni, piccoli seni. Se li sentiva nella mano, li stringeva, li sfiorava.
La guardò fumare; la gioia eccitata era il sapere che lei concedeva quegli sguardi, mani che la svestivano. Lei avrebbe reso possibile quei pensieri ancora insoddisfatti. Questione di tempo, poco tempo ormai, il tempo di quella cena, di parole e di sigarette, qualche brindisi e i saluti (‘Buona cena davvero’) e gli altri che andavano incontro a una notte qualsiasi e lui...ancora tanta quiete e infine, soli, l’amore che scopre l’eccesso. Sapeva che tutto sarebbe accaduto. Glielo giuravano quegli occhi verdi che passavano il fumo e arrivavano da lui, incredulo. Poi l’uomo che sedava di fianco a lei s’alzò, levò il calice, urlò ‘Brindiamo a noi, a tutti noi!’. Sorrideva ma nell’attimo del sorso mutò espressione, mostrò un ghigno inquietante, infranse il calice contro la bottiglia, mille pezzi di cristallo e mille pezzi di un sogno, che si svegliò.  

                                                                                                3-continua

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