mercoledì 21 novembre 2012

Quel giorno che tremò la notte 31-6



TRENTUNO  sei

Don Marco fu svegliato da un rumore. Era caduto un oggetto in una stanza accanto. Aveva il collo dolorante e la bocca impastata. Rabbia per essersi addormentato. E un sogno, che cercò di catturare, di ricordare prima che si allontanasse nella notte d’ospedale. E nella vergogna di quanto aveva vissuto. C’era una ragazza, giovane, Roberta? Non lo ricordava, non aveva particolari utili a riconoscerla, sapeva che era giovane, erano stati vicini, molto vicini, lei nuda, cercò di ricordarsi se era nudo anche lui ma non si vedeva, era più un sentire che un vedere, sapori più che immagini, il piacere di mani, di dita che si infilavano, le sue, dove non avrebbero mai osato, e lei lo accarezzava oltre il grosso colle del suo ventre, e lui penetrava e lei accarezzava, no, non era possibile che avesse sognato questo lui, voleva dimenticare ma lottava con la memoria, per conservare quel piacere proibito, lei, sì, forse proprio Roberta. La guardò nella sua morte vivente, nella sua immobilità e si guardò fra le gambe, la sua rigidità, e volle scoprire altri particolari…stava arrivando al sommo del piacere, stava entrando in lei, in quella giovane donna che stringeva impazzito, e lei sussurrava parole che non ricordava e baci, anche baci e lui era in lei e il rumore, il risveglio. Ora avrebbe voluto riaddormentarsi, riappropriarsi di quell’estasi che non gli apparteneva, brutta copia che in quel momento gli bastava. E insieme lo terrorizzava.
Il senso di colpa arrivò subito a risvegliarlo. Come era stato possibile quel sogno? Perché? E Dio parlava nei sogni? La Bibbia lo confermava, Santa Parola che conosceva a memoria. Ma Dio non avrebbe potuto insegnagli nulla con quelle immagini. E allora perché? E perché metterci sempre in mezzo Dio? Era solo un uomo, con un sesso, un desiderio represso, una voglia soffocata da un voto che ora, nel momento meno opportuno, ad una svolta della vita che avrebbe richiesto il distacco, altre gratificazioni, una nomina ecclesiale ecco, ora arrivava quella tentazione a sporcare la preghiera. Cercò la corona del rosario. Era caduta a terra. La raccolse. Guardò l’ora, erano passate le tre da dodici minuti. Quanto aveva dormito?
La giovane donna era scomparsa. Sin dove era arrivato con lei? Si sfiorò fra le gambe, nessuna macchia, aveva bisogno del bagno, per bere, per pisciare. La testa gonfia, gli occhi secchi, si alzò e ripercorse la strada di prima. Si lavò, bevve, si sedette ma non riusciva ad orinare. Sfiorò quel suo piccolo tronco che non appassiva, sapeva che non avrebbe dovuto farlo, nemmeno cominciare, sarebbe stato peggio, una strada senza ritorno, un percorso obbligato a rincorrere un sogno svegliato sul più bello. Ma don Marco accarezzò ancora e la rivide e volle perdersi.
                               31-6  continua

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