sabato 17 novembre 2012

Quel giorno che tremò la notte 31-3



TRENTUNO  tre

Gli mancava l’aria, si alzò e tornò alla finestra aperta. Si appoggiò con le mani al davanzale, si allungò verso il precipizio, cercò nella notte qualche immagine di conforto, una carezza di fresco. Il buio si muoveva in piccoli rivoli di vento, che facevano tremare le foglie e ondeggiare i rami più esili. Era sereno. Stelle sfocate punteggiavano il cielo, una mezza luna lambiva il tetto dell’edificio di fronte al suo punto di osservazione. Guardò verso il cortile e fu costretto ad allontanarsi dalla finestra. Un giramento di testa? O la paura d’esserne capace? Un senso di vuoto di fronte al vuoto? Di impotenza? A quel punto era arrivato? Non era meglio che se ne andasse via di lì? Che ci stava a fare? 
L’infermiera entrò e lo trovò appoggiato al davanzale con il culo, lo sguardo inquieto, il volto arrossato, le ascelle chiazzate di sudore. 
“Allora è proprio deciso” disse al prete con voce leggera.
Aveva capito bene a cosa si riferiva ma lo stesso chiese spiegazioni: “Deciso in che senso?”
“Non vuole restare a fare la notte? Così mi ha detto il cappellano.”
“Sì, certo.”
Maria era la caposala, voleva bene ai malati con una naturalezza sorprendente e irritante. Don Marco la invidiava.  Volle capire. “Maria…”
“Sì?”
Non trovava le parole, il coraggio.  “Non è stanca?”
“Stasera fa un gran caldo.”
“Dicevo in generale, del suo lavoro.”
“Sì…vorrei andare in pensione.” Maria accarezzò la fronte di Roberta, la baciò.
Don Marco fu sorpreso dalla risposta. “Non si direbbe.”
“Direbbe?”
“La pensione….sembra tutto così naturale. Ha una passione per i malati…”
“Fingo” disse Maria, con una sincerità che raggelò l’aria di quella camera di sofferenza.
Don Marco pensò di non aver inteso. 
“Non sempre” disse Maria. “Con questa povera ragazza no, per me è una figlia. Ci soffro davvero. Preghi il suo Dio, lei che ci crede.”
Si parlavano con una confidenza rara, resa possibile dal silenzio e dalla solitudine. “E lei non crede?”
“Purtroppo no.”
“ I dubbi sono  fede.”
“Non ho tempo per i dubbi. Non ho più voglia di pregare. Venga un anno qui, tutti i giorni. La fede se ne va.” Lo guardò come si fosse accorta in quell’attimo che stava parlando con un prete. Arrossì. “Lei mi deve scusare, non dovrei permettermi.”
Don Marco capì che la stava perdendo in quella benedetta sincerità: “No, no, mi  fa bene. La notte è lunga.”
“Il terremoto a noi non ha fatto danno. Qualche crepa ma in casa ci siamo tornati. Dio mi perdoni…andavo a Messa tutti i giorni, qui, in ospedale. Oggi sto male quando entro in chiesa. Come mi avesse tradito mio marito.”
Don Marco tornò seduto sulla poltrona, Maria si appoggiò alla sponda del letto, dalla parte dei piedi, le braccia tese, inclinata leggermente verso Roberta ma con il viso girato al prete, non una sfida, forse la speranza di risposte. Ma Don Marco taceva.
“Sa chi invidio? Non so se la conosce, è una delle infermiere più anziane dell’ospedale, anziane..si fa per dire, cinquantasei anni, si chiama come me ma tutti qui la chiamiamo Mariuccia. Ha presente?”
“Non mi pare, forse…”
“Quella invidio, sì, va in chiesa, prega mentre lavora, un giorno l’ho presa in disparte e le ho detto –Spiegami come fai- Ha risposto che è nata così, contenta di voler bene alla gente. Mi ha detto che non ha merito, per questo ringrazia Dio. Ha capito che è nata col dono più desiderabile, ha paura di perderlo. Due regali enormi, la fede e l’amore senza fatica. Le ho detto che è già in paradiso e lei mi ha risposto –Credo di sì- Parli con quella donna quando la incontra. Domani è di turno. Purtroppo per me è diverso. Mi sono fatta l’idea che Mariuccia è una santa, gli altri sono come me. Altrimenti non avremmo il mondo che abbiamo. Egoisti. Io per prima. Mi sto confessando, scusi. Ma lei è un prete, sono davanti alla persona giusta. Non mi confesso da….” Fece i conti. “E’ meglio che non glielo dica.”
Suonò un campanello, Maria guardò Roberta: “Preghi per lei, faccia anche la mia parte, questa povera ragazza deve vivere. Almeno lei. Devo andare, mi scusi ancora.”
“Grazie a lei” disse don Marco che si alzò col desiderio di stringerle la mano. “Ma allora come fa…” L’infermiera era già scivolata nel corridoio.
                                   31-3   continua

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