martedì 23 ottobre 2012

Quel giorno che tremò la notte 4

foto: Alison Krauss




QUATTRO

Romano usci dalla galleria alle venti e quaranta, dopo aver intervistato la pittrice e aver chiesto a Roberta il numero di cellulare. Fra il chiaro e lo scuro di un tramonto ancora in corso, cavalcò il suo scooter e tirò a manetta fino a casa, un bilocale che divideva con Carlo. Accese il notebook; nell’attesa che il computer portasse a termine le lungaggini iniziali si preparò un caffè con la moka. Aveva una sola immagine in testa, sfregiata dalle cinquanta righe da scrivere entro un’ora. Bevendo il caffè andò su facebook e chiese l’amicizia a Roberta.

***  

Roberta lasciò la galleria d’arte insieme a Giorgio e a una ragazza di origini libanesi, bellissima, venuta a Milano nella speranza di fare soldi e fama come modella. Erano le venti e cinquanta. Giorgio la accompagnò sotto casa, un bell’appartamento in un palazzo signorile dalle parti dell’Arena Civica. Roberta entrò, salutò i genitori (preavvisati che non avrebbero dovuto aspettarla per cena), la sorella (diciott’anni appena compiuti) e s’infilò in camera. Si sedette sul letto. Accavallò la gamba sinistra sopra la destra e si piegò, per far scorrere la lampo dello stivale. Ebbe la tentazione di toglierselo, usando come leva la punta dello stivale sinistro, ma si trattenne e usò con delicatezza le mani. Erano stivali da duecento euro. E dopo gli stivali la gonna e il collant e il maglioncino di cachemire. Aveva appoggiato la borsetta sul letto. Cadde e ne uscirono il cellulare e il portafoglio. Così, in slip e camicetta, raccolse il telefono e pensò di mandargli subito un  messaggio. Scrisse ‘buonanotte’ ma non lo inviò.

*** 

Il pezzo non girava. Più guardava l’orologio, più l’ansia montava e le dita si ingrippavano. Lo chiamò Giorgio, per chiedergli come andava l’articolo. “Cazzo, le piaci” furono i suoi saluti.
“Come lo sai?” chiese Romano.
“Lo so.”
Un bilocale, due letti a distanza quasi matrimoniale, una scrivania e, nell’altra stanza, appena più grande, un tavolo, sedie, un cuocivivande e disordine. Carlo stava sdraiato sul letto, cuffie alle orecchie, tamburellava le dita sul ginocchio. Anche quella musica in sottofondo, un minimo fruscio, disturbava Romano, felice per l’ultima frase di Giorgio. Mandò un  essemmmesse a Roberta. “Vai su Youtube, cerca Alison Krauss in Shadow, ha i capelli lisci come i tuoi…buonanotte.”

***  

Arrivò a Roberta il messaggio di Romano. Lo lesse e accese il computer. Si tolse la camicetta, il top, sganciò il reggiseno. Aveva imparato ad amare quei seni pesanti, dopo averli odiati da ragazzina; un’abbondanza rara in una ragazza alta come lei. Ma non sempre metteva il reggiseno, li lasciava liberi, camuffati sotto camice, magliette, maglioni.
Si infilò una canotta da basket che gli aveva regalato il suo ex, verde, con la scritta Chicago Bulls; le arrivava a metà coscia. Si sedette al notebook. Andò su facebook e accettò l’amicizia di Romano. Corse su Youtube a vedersi Alison Krauss. La cercò nella canzone Shadow. Le piacque, la canzone ma soprattutto la cantante.

***  

Lo chiamarono dal giornale alle dieci e un quarto. Romano garantì che l’articolo sarebbe partito cinque minuti dopo. Alle dieci e mezza allegò il pezzo alla mail e si liberò di quel peso. Puzzava di fatica mentale, sotto le ascelle la camicia blu aveva due grosse macchie, pensò di farsi una doccia, prima andò su facebook e trovò che la sua richiesta di amicizia era stata accettata. Corse a visitare il profilo di Roberta. Fra le note personali aveva messo solo la data di nascita, mese e giorno, niente anno. Nello stato aveva scritto: impegnata con Amelie, il mio micio. La foto era datata, probabilmente dell’estate trascorsa: Roberta era in bichini, sdraiata sopra un asciugamano arancione, intorno sabbia bianca, forse una spiaggia della Sardegna, non certo della Romagna. In  bacheca l’ultima frase scritta da lei: “Giornata interessante.”

***   

Alle ventitré bussò alla camera di Roberta sua madre. “Hai fame?”
“No, grazie…”
“Una tisana?”
“Non ti preoccupare. Va bene la tisana.”
“Quale?”
“Regolarità.”
“Te la porto.”
“Grazie.”
Roberta aveva già sentito una decina di volte Shadow di Alison Krauss. Le somigliava, a parte il naso, per quel che si riusciva a vedere dal video. Un naso decisamente più brutto del suo. A metà canzone, Alison metteva in spalla il violino e partiva con un assolo. Vedendola, Roberta si pentì di aver lasciato perdere con il pianoforte, dopo averci studiato per quattro anni. Un piano verticale che ora faceva d’arredamento alla sua cameretta, una mensola per i libri, qualche peluche, cd e dvd. Di quella cantante ora invidiava la voce da angelo e il violino. Su Youtube andò a cercare altri video e trovò quello di I will, con la cantante che si era fatta la permanente, una testa piena di ricci, una variante che non le piaceva, come non era piaciuta a Romano che aveva specificato: “La versione con i capelli lisci, come i tuoi.”  

*** 

Romano s’era fatto la doccia e ora, sotto le coperte, faticava a prendere sonno. Carlo russava. Lo toccò dentro. Il compagno di stanza mandò un mugugno, si scusò con parole aggrovigliate nel dormiveglia, cambiò fianco, sibilò con un respiro a fischio.
Eppure non era bellissima. Il naso non era perfetto, le labbra le avrebbe preferite più sottili, il rossetto era persino eccessivo. Perché Roberta gli stava saccheggiando l’anima?     


                                                                                               4 - continua

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