martedì 30 ottobre 2012

Quel giorno che tremò la notte 12



DODICI

“Com’è che quella ragazza non chiama?” domandò la madre di Roberta.
“Chiamerà, tranquilla” disse il padre di Roberta.
“Sempre tutto tranquillo per te” disse lei. Era seduta sul divano, telecomando in mano, passava da un canale all’altro senza attenzione, concentrata su quella telefonata che non arrivava. Non conosceva Romano né la sua abilità nella guida, non si fidava delle parole della figlia, non si fidava degli altri automobilisti. Della vita vedeva il peggio, doveva gestirsi un sottofondo d’ansia che le rovinava le giornate. E se non poteva far altro, per difendersi scaricava sul marito la rabbia di una vita malata. “Ma che padre sei?”
“Che padre sono….non lo so…forse non è nemmeno figlia mia” e la mise sul ridere.
“Mi prendi per il culo?”
Lui non rispose.
Lei spense il televisione, che morì dentro l’eco di una musichetta fastidiosa. “Le tue figlie fanno quello che vogliono...da sempre.”
“Senti…” e lanciò il libro per terra, con una violenza esagerata. Tacque.
“Non dovevamo farla andare e basta.”
“Ma se l’abbiamo deciso insieme?”
“Per forza, tu avresti avuto il coraggio di dirle di no?”
“Ma lo sai quanti anni ha?”
“Finché è in questa casa…” e alzò il volume della voce. Lo fissò con occhi cattivi. Uno sguardo che gli bruciò come uno schiaffo. Perché aveva un solo senso: sei un padre fallito. Una rovina che non voleva nemmeno prendere in considerazione.
“Dillo, dillo pure, lo so cos’hai in testa” minacciò.
“Quanti no le hai detto in vita tua?”
“E tu?” gli urlò in pieno volto.
“Mi sono sempre sentita sola, è questa la verità.” Pianse.
Altre volte si impietosiva al suo pianto stizzoso, non ora, sconfitto da un furioso malessere. E mentre si preparava all’attacco pensò che stava sbagliando, che le motivazioni erano ridicole ma le parole partirono senza comando, velenose. “Ne ho piene le palle delle tue figlie e della storia del padre fallito, crepate tutti!” e si alzò come in preda al panico. No, andarsene sbattendo la porta sarebbe stato troppo poco. “ E vuoi che te le dica tutte?”
Lei lo osservava con terrore.
“Solo critiche, cazzo…un complimento…ti sei mai chiesta da quanti anni non mi fai un complimento? Qualcosa che ho fatto che ti va bene?”
“E questo che c’entra?”
“Hai in mente solo le tue figlie…non te ne posso fare una colpa…ma almeno non mi rompere i coglioni!” e si abbassò per recuperare il libro che era andato a finire contro un mobile basso. Era preoccupato che non si fosse rotta la rilegatura. “Non telefona, non telefona…ma lasciala vivere, ha venticinque anni, fa il suo dovere, se non telefona è perché gli stiamo troppo addosso.”
Lei lo fissò come un fantasma. “Continua, continua a giustificare tutto….ora fai la vittima…credevo di aver sposato un uomo. Avanti, se hai le palle chiamala e dille che ha due genitori…o devo farlo io, come sempre?”
“Guarda, prego, questo è il telefono” e fece la mossa di allungarli il cordless di casa.
“Sei un pezzo di merda!”
“Ma va là….” e se ne andò, ma prima della porta fu preso alla gola dal senso di colpa. L’immagine d’essere stato davvero un padre debole gli fece tremare le gambe.
 



                                                                             12 - continua
 















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